Sistema di riferimento

Lavoro per lo studente

Obiettivo: Introduzione del concetto di spostamento e sistema di riferimento

Scheda di lavoro

So che vi è noto che la nostra vista si fa per linea retta, e che se questa medesima si prolunga oltre all'oggetto ed in essa si constituiscono altri oggetti visibili, questi tutti ci appariscono congiunti tra di loro; ma le cose che son poste fuori della detta linea, ci si mostrano separate da essa, e postegli o a destra o a sinistra, secondo che le sono o in questo o in quel modo collocate. E così se, riguardando alcuno, v. g., la stella di Venere, s'immaginerà una linea retta tirata dal suo occhio per il centro della stella, e prolungata sino al cielo stellato, gli apparirà Venere congiunta con alcuna stella, se alcuna s'abbatterà ad essere in quella tal linea; e se questa tal linea per avventura andasse a ferire il primo grado d'Ariete, si dirà Venere apparir congiunta, o sottoposta, al primo grado d'Ariete. [...]

Lettera a Francesco Ingoli

Relatività galileiana

Il principio di relatività afferma che un fenomeno fisico viene descritto da un’identica legge se visto da un osservatore fermo oppure in moto, purché tale moto sia rettilineo e uniforme, cioè avvenga con velocità costante (in termini scientifici si dice che l’osservatore si trova in un sistema di riferimento inerziale). Più in generale: le leggi fisiche sono le stesse per due osservatori in moto rettilineo uniforme uno rispetto all’altro

.

Soltanto gli osservatori non inerziali – ossia in stato di accelerazione – danno un resoconto diverso del fenomeno. Osservatori posti sulla superficie della Terra, a rigor di logica, non sono inerziali, perché la rotazione terrestre li fa muovere lungo un arco (o, se vogliamo, conferisce loro un’accelerazione radiale). Tuttavia, data la grandezza del raggio terrestre, il loro moto differisce poco da un moto rettilineo uniforme e l’errore che si fa trattandoli come osservatori inerziali è molto piccolo. È per questo motivo che Galileo accoglie l’analogia tra caduta di un corpo da una torre sulla terraferma e dall’albero di una nave in movimento.

Voi, con Aristotile ed altri, dite: Se la Terra girasse in sé stessa in 24 ore, le pietre e gli altri corpi gravi cadenti dalla cima d’un’alta torre, non verrebbono a percuotere in Terra al piede della torre; avvenga che nel tempo che la pietra si trattiene per aria, scendendo verso il centro della Terra, essa Terra, procedendo con somma velocità verso levante e portando seco il piede della torre, verrebbe per necessità a lasciarsi a dietro la pietra per tanto spazio, per quanto la vertigine della Terra nel medesimo tempo fusse scorsa avanti, che sarebbero molte centinaia di braccia. Il qual discorso confermano poi con un esempio preso da un’altra esperienza, dicendo ciò manifestamente vedersi in una nave, nella quale se, mentre ella sta ferma in porto, si lascia dalla sommità dell’albero cader liberamente una pietra, quella, scendendo a perpendicolo, va a percuotere al piede dell’albero, ed in quel punto precisamente che risponde a piombo sotto il luogo di dove si lasciò cadere il sasso; il quale effetto non avviene quando la nave si muove con veloce corso; imperò che nel tempo che la pietra consuma nel venir da alto a basso e che ella, posta in libertà, perpendicolarmente descende, scorrendo il navilio avanti, si lascia per molte braccia il sasso per poppa lontano dal piede dell’albero; conforme al quale effetto dovrebbe seguire del sasso cadente dalla cima della torre, quando la Terra circolasse con tanta velocità. Questo è il discorso: nel quale pur troppo apertamente scorgo ambedue gli errori de’ quali io parlo. Imperò che, che la pietra cadente dalla cima della torre si muova per linea retta e perpendicolare alla superficie terrestre, né Aristotile né voi da altro lo raccogliete, né potete raccorre, se non dal vedere come nel suo scendere ella vien, per così dire, lambendo la superficie della torre, eretta a perpendicolo sopra la Terra; sì che si scorge, la linea descritta dalla pietra esser retta essa ancora e perpendicolare. Ma io qui vi dico che da questa apparenza non si può altramente inferir cotesto se non supposto che la Terra stia immobile mentre la pietra descende, che è poi il quesito che si cerca; perché, se io col Copernico dirò che la Terra va in giro e seco in conseguenza porta la torre e noi ancora che osserviamo l’effetto della pietra, diremo che la pietra si muove d’un moto composto dell’universal diurno circolare verso levante e dell’altro accidentario retto verso il suo tutto, da i quali ne resulta uno inclinato verso oriente; de i quali quello ch’è comune a me, alla pietra ed alla torre, mi resta in questo caso impercettibile e come se non fusse, e solo rimane osservabile l’altro, del quale la torre ed io manchiamo, cioè l’avvicinamento alla Terra. [...]

Lettera a Francesco Ingoli

Nel Dialogo sopra i due massimi sistemi, Galileo enuncia il principio di relatività e ne suggerisce implicitamente la concatenazione con quello di inerzia (il principio di relatività implica il principio di inerzia).

Il passo è una spia di come l’occhio indagatore di Galileo si posi sui fenomeni e sugli oggetti più umili del quotidiano con la stessa curiosità e attenzione con cui esplora gli spazi celesti.

Vale la pena di evidenziare il comportamento galileiano per tanti giovani che oggi si avvicinano alla scienza perché attratti dal fascino lontano delle galassie o dei buchi neri, ma restano ciechi e indifferenti di fronte ai mille perché che salgono dall’esperienza quotidiana.

Nella maggiore stanza che sia sotto coverta di alcun gran navilio riserratevi con qualche amico, e quivi fate di aver mosche, farfalle e simili animaletti volanti; pigliatevi anco un gran vaso con acqua, e dentrovi de’ pescetti; accomodate ancora qualche vaso alto che vada gocciolando in un altro basso e di angusta gola: e stando ferma la nave, osservate diligentemente come quelli animaletti volanti con pari velocità vanno verso tutte le parti della stanza; ... e voi, gettando all’amico vostro alcuna cosa, non più gagliardamente la dovrete gettar verso quella parte che verso questa, quando le lontananze sieno eguali; e saltando, come si dice, a pie’ giunti, eguali spazii passerete verso tutte le parti. Osservate che averete bene tutte queste cose, fate muover la nave con quanta si voglia velocità; ché (pur che il moto sia uniforme e non fluttuante in qua e ’n là) voi non riconoscerete una minima mutazione in tutte le nominate cose, né da alcuna di quelle, né meno da cosa che sia in voi stesso, potrete assicurarvi se la nave cammina o pure sta ferma: voi saltando passerete nel tavolato i medesimi spazii che prima, né, perché la nave si muova velocissimamente, farete voi maggior salti verso la poppa che verso la prua, ben che, nel tempo che voi state in aria, il tavolato scorra verso la parte contraria al vostro salto; e gettando un frutto all’amico, non con più forza bisognerà gettarglielo, per arrivarlo, se egli sarà verso la prua e voi verso la poppa, che se voi fuste situati per l’opposito; le goccie cadranno nel vaso inferiore senza restarne pur una verso poppa, ancor che, mentre la goccia è per aria, la nave scorra molti palmi; .... E se voi di tutti questi effetti mi domanderete la cagione, vi risponderò per ora: "Perché il moto universale della nave, essendo comunicato all’aria ed a tutte quelle cose che in essa vengono contenute, e non essendo contrario alla naturale inclinazione di quelle, in foro indelebilmente si conserva""; [...]